Istat, la povertà è un destino

Il Dipartimento studi e ricerche delle ACLI commenta il report dell'Istat "condizioni di vita e reddito".

In Italia non riusciamo a ridurre l’impatto della povertà e aumentano le disuguaglianze tra ricchi e poveri. Sono queste le due indicazioni che si possono trarre dal Report Istat uscito oggi sulle “Condizioni di vita e reddito”, riferito all’anno 2015. L’istituto rileva che rimane sostanzialmente stabile, rispetto all’anno precedente, il numero di individui in una condizione di vulnerabilità: sono oggi il 28,7%. Cresce, ma di poco, la quota di individui a rischio di povertà, che passa dal 19,4% al 19,9%. Sembra una buona notizia, ma non lo è perché sono ormai anni che questo indicatore si mantiene su livelli elevati. Certo non ci sono peggioramenti, ma non ci stancheremo mai di denunciare la strutturale frattura territoriale che porta nel Mezzogiorno il 46,5% degli italiani a rischio di povertà.

 

I redditi delle famiglie italiane hanno smesso di calare, ma a ciò corrisponde un aumento delle disuguaglianze. L’Italia, sottolinea l’Istat, si colloca alla sedicesima posizione tra i paesi europei per equità nella distribuzione dei redditi. Le differenze tra ricchi e poveri sono sempre più marcate: le famiglie del 20% più ricco possono contare su un reddito di quasi 5 volte superiore a quelle del 20% più povero.

 

Un altro dato preoccupante è relativo ai “lavoratori poveri”. Soprattutto se si è donne, giovani, residenti al Sud e con un basso titolo di studio, la possibilità di essere in povertà nonostante si abbia un lavoro aumenta. Ma è comunque il genere a fare la differenza maggiore. Ad esempio, si legge nell’ultimo Rapporto annuale Istat che una donna con figli guadagna tre volte meno di un uomo a parità di condizione. La povertà in Italia non è data da un “basso sforzo”, perché quasi sempre lavorare di più serve a poco. Uno studio sull’argomento mette in luce che lavorando due ore in più al giorno il rischio di povertà si riduce di appena il 3%. Buona parte della povertà è quindi imputabile a fattori “fuori dal controllo dell’individuo”, è una povertà da “circostanze avverse”. Le misure di contrasto vanno perciò pensate in termini di combinazione tra politiche del lavoro e sostegni al reddito. Per ora, la nota più triste è che la povertà è sempre più un destino e sempre meno una condizione.