In questa quarta domenica di Quaresima la liturgia ci presenta Gesù luce del mondo.
Il racconto evangelico di Giovanni vuole aiutarci a convertirci da una teologia che ancora oggi è presente nella nostra coscienza di credenti: la stretta relazione tra colpa/peccato e malattia. Noi spesso crediamo che chi è nella malattia è perché ha commesso un peccato, e la malattia è la punizione che viene da Dio a causa del peccato commesso. La narrazione, ispirata dall’agire di Gesù, ci spinge in una direzione diversa: la malattia non ha alcun rapporto con il peccato, perché Dio non colpisce l’uomo per il suo peccato con la malattia, ma lo invita alla conversione per riconoscere in lui colui che dà la vita e non la morte.
I discepoli di Gesù, come i farisei, sono i degni rappresentanti di questa credenza. Gesù risponde alla loro domanda negando la relazione tra peccato e malattia, qualificando la sua opera come luce per il mondo, cioè come ciò che permette di vedere la verità della vita.
Il miracolo è semplice nella sua descrizione, ma ora deve essere interpretato da vari gruppi di persone.
I primi sono i conoscenti del cieco dalla nascita. Essi stentano a riconoscerlo, perché ora che ci vede sembra un altro, lo sguardo non è più perso nel vuoto, ma si muove con curiosità su ciò che non aveva mai visto. E’ uno sguardo attento e meravigliato che illumina il volto del cieco e lo trasfigura, quasi a renderlo irriconoscibile: dalle tenebre alla luce. I conoscenti vogliono conoscere Gesù come autore del miracolo, ma il cieco non sa dove egli sia.
Il secondo gruppo è quello dei farisei. Essi sono quelli che fanno più fatica ad uscire dalla loro credenza. Innanzitutto, come veniamo a sapere a commento di quanto dicono i genitori del cieco, i farisei avevano già deciso che Gesù fosse un peccatore e che quindi da lui non poteva uscire nulla di buono. Ma la guarigione del cieco dalla nascita fa nascere dei dubbi nella loro teologia.
La prima questione è che Gesù compie guarigioni (opera) in giorno di sabato, quando ci si deve astenere da qualsiasi lavoro, secondo quanto scritto nel decalogo (Es 20,8-11; Dt 5,12-15). Ma la vera interpretazione del sabato è che in esso è doveroso liberare la vita dalle schiavitù, perché questa è la motivazione per osservarlo, secondo il Deuteronomio.
Ed è proprio la liberazione dalla cecità che fa dire ad altri che forse Gesù non è un peccatore come avevano deciso che fosse, proprio perché compie opere di liberazione dalla malattia.
Per il cieco non c’è dubbio: Gesù è un profeta, ma la sua testimonianza non è accolta dai Giudei, perché ancora credono che è un peccatore, a causa della sua malattia e quindi non può riconoscere un profeta e dire una parola di verità.
I suoi genitori si astengono da un giudizio per timore dei Giudei, perché non vogliono essere espulsi dalla comunità, la realtà sociale in cui si sentono riconosciuti e in cui si svolge la loro vita di relazione.
Il cieco, interrogato di nuovo, ribadisce la propria esperienza e l’interpretazione che ne fa di essa, esponendo la sua teologia che nasce dalla propria esperienza con Gesù. Soprattutto riconosce che una cosa buona non può che venire da Dio stesso.
Ma i Giudei non accettano questa verità, che contrasta con ciò che hanno già deciso e cacciano il cieco.
Gesù, venuto a sapere il fatto, si mette in cerca del cieco per rivelargli chi egli sia: il Figlio dell’uomo, cioè il Messia atteso dal popolo e inviato da Dio per liberarli dal peccato e dalla morte.
Il cieco finalmente può fare la sua professione di fede: «Credo, Signore», sapendo bene chi ha di fronte a lui.
Gesù completa la sua rivelazione al cieco, che ora lo può comprendere fino in fondo, annunciando un giudizio che inverte le sorti. Il cieco ora può vedere e riconoscere Gesù come Signore, i farisei invece non riconoscono di essere diventati dei ciechi che non vedono, così da poter essere guariti anche loro da Gesù. Ad essi Gesù si rivolge mostrando come non dovrebbero avere paura di riconoscere la propria cecità (non fisica, ma teologica) perché in essa non c’è peccato, ma siccome non sono capaci e/o non vogliono farlo, il peccato di orgoglio di farsi istruire dal cieco e da Gesù sul vero volto di Dio, rimane.
Anche noi siamo chiamati a riconoscere la nostra cecità e a convertire la nostra teologia, volgendo il nostro sguardo su Gesù luce del mondo, che ha vissuto il mistero pasquale per rivelare al mondo il vero volto di Dio.
30 marzo 2014 - IV Domenica di Quaresima - Anno A
Giovanni 9,1-41
In quel tempo, 1 Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3 Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4 Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5 Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6 Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7 e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
8 Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9 Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10 Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11 Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12 Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». 13 Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14 era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15 Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16 Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17 Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». 18 Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19 E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20 I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21 ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22 Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23 Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25 Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26 Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27 Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28 Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29 Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30 Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31 Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32 Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33 Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34 Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. 35 Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36 Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37 Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38 Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40 Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41 Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
Scritto da Marco Bonarini