In questa seconda domenica di quaresim, la liturgia ci invita a rivolgere il nostro sguardo a Gesù, per contemplarlo quale figlio amato dal Padre, che ha una parola di vita per noi.
L’evento della trasfigurazione avviene, secondo i racconti sinottici, dopo che Gesù ha annunciato per la prima volta il suo mistero pasquale di morte e resurrezione. Il racconto vuole mostrare ai discepoli la realtà nascosta di Gesù. Gesù viene visto come un predicare e un profeta che annuncia il regno di Dio, tuttavia la sua vera realtà è quella di Figlio.
Il racconto presenta tre particolari che rimandano i lettori alle manifestazioni di Dio nell’Antico Testamento: il monte, la luce e la nube. Con la presenza di due testimoni, Mosè ed Elia, che rappresentano tutta la rivelazione biblica e che conversano con lui, Matteo ci vuole dire che Gesù non solo conosce le Scritture, ma che è amico degli amici di Dio, come venivano considerati Mosè e i profeti. Conversando con loro, Gesù viene a conoscere il disegno di Dio dalla creazione fino alla fine dei tempi che nelle Scritture viene condiviso da Dio agli uomini.
Pietro vuole costruire tre capanne per Gesù, Mosè ed Elia, per significare la presenza di Dio in quel luogo, ma ciò che importa a Dio è che gli uomini riconoscano in Gesù il Figlio che lui ama e di cui si compiace perché vive secondo le Scritture.
La rivelazione si conclude con un comando: ascoltatelo. Ciò che conta per l’uomo è ascoltare la parola di Gesù, parola che dà la vita a chi l’accoglie, perché è parola che viene dalla vita di comunione con Dio e i suoi amici.
Solo ora i tre discepoli si accorgono di essere alla presenza di Dio e si comportano di conseguenza: distolgono lo sguardo e sono impadroniti dal timore di Dio, che è segno di aver compreso chi è Dio e chi è l’uomo di fronte a lui.
Gesù si comporta come Dio, si avvicina ai tre discepoli e li invita a non avere paura di essere stati alla presenza di Dio, e che l’atteggiamento giusto è quello dello stare in piedi, perché Dio non vuole umiliare l’uomo, ma farlo partecipe della sua amicizia, che si manifesta nella presenza di Gesù solo, potremmo dire nella sua nudità di uomo.
Gesù raccomanda ai tre discepoli di non parlare di ciò che hanno visto prima della sua resurrezione per due motivi: il primo è che essi devono comprendere bene ciò che hanno visto, e questo potrà accadere solo dopo aver incontrato Gesù risorto dai morti, testimone che la sua parola si è fatta realtà; il secondo è che la gente non avrebbe compreso cosa vuol dire essere Figlio di Dio senza la resurrezione dai morti.
Ma ora che la resurrezione è avvenuta per tutti gli uomini e che la morte è stata sconfitta, possiamo contemplare anche noi Gesù quale Figlio di Dio che ha una parola di vita per la nostra salvezza: «convertitevi, perché il regno di Dio è vicino» (Mt 4,17).
16 marzo 2014 - II Domenica di Quaresima - Anno A
Matteo 17,1-9
In quel tempo, 1 Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2 E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3 Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5 Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7 Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8 Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
Scritto da Marco Bonarini