Nella V Domenica del Tempo Ordinario il vangelo di Matteo continua a illustrarci il primo discorso con cui Gesù approfondisce l'annuncio evangelico (capp. 5-7).
Dopo aver esposto i motivi per cui gli uomini possono considerarsi felici – Dio si fa vicino a chi è nel dolore e a chi pratica la giustizia – Gesù si rivolge ai suoi discepoli per far crescere in loro la consapevolezza di chi sono e quali siano le loro responsabilità nei confronti dell’evangelo di Dio.
Essere il sale della terra vuol dire che si è capaci di dare il sapore giusto alle vicende storiche, che si sa conservare la vita dei fratelli. Ma se il sale perde sapore, cioè se i discepoli non sono è più in grado di annunciare, come i profeti, la presenza di Dio nella storia, rivelandone il vero intreccio, allora essi diventano inutili, perché vengono meno alla loro missione di testimoni dell’amore di Dio nella storia.
La luce illumina e penetra nelle tenebre. Più una luce si trova in alto, più essa illumina uno spazio maggiore. La luce sono le opere di giustizia (come dice Isaia nella prima lettura) affinché chiunque le veda possa rendere gloria a Gesù Cristo, «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2) nella pratica della giustizia e dell’amore.
Infatti rendere gloria a Gesù Cristo vuol dire rendere gloria al Padre, perché «voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1Cor 3,23).
9 febbraio 2014 - V Domenica Tempo Ordinario - Anno A
Matteo 5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
13«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15 né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».